lunedì 16 giugno 2014

27 Maggio 2014, Gran Sonata in la maggiore - Niccolò Paganini, Francesco Marra

Niccolò Paganini


Niccolò Paganini

Niccolò Paganini è stato un violinista, compositore e chitarrista italiano, fra i più importanti esponenti della musica romantica.
Nacque a Genova il 27 ottobre 1782 da una modesta famiglia originaria di Carro (in provincia della Spezia). Il padre Antonio faceva imballaggi al porto ed era appassionato dimusica; con la madre Teresa abitavano in Vico Fosse del Colle, al Passo della Gatta Mora, un caruggio di Genova.
Fin dalla più giovane età Niccolò apprese dal padre le prime nozioni di musica sul mandolino e, in seguito, fu indirizzato, sempre dal padre, allo studio del violino. Non a torto il Paganini è considerato autodidatta, in quanto i suoi due maestri furono di scarso valore e non ricevette che una trentina di lezioni di composizione da Gaspare Ghiretti. Malgrado ciò, all'età di 12 anni, già si faceva ascoltare nelle chiese di Genova e diede un concerto nel 1795 al teatro di Sant'Agostino, eseguendo delle sue variazioni per chitarra e violino sull'aria piemontese "La Carmagnola", andate perdute. Il padre lo condusse a Parma nel 1796, all'età di 14 anni. A
Parma, Niccolò si ammalò di polmonite e venne curato con il salasso, che lo indebolì e lo costrinse a un periodo di riposo nella casa paterna a Romairone, in val Polcevera, vicino a San Quirico. Qui arrivò a studiare fino a 10-12 ore al giorno su un violino costruito dal Guarneri, regalatogli da un ammiratore di Parma. Paganini imitava i suoni naturali, il canto degli uccelli, i versi degli animali, i timbri degli strumenti, come il flauto, la tromba e il corno. In seguito diede dei concerti nell'Italia Settentrionale e in Toscana. Raggiunta una portentosa abilità, andò di nuovo in Toscana, dove ottenne le più calorose accoglienze.
Nel 1801, all'età di 19 anni, interruppe la propria attività di concertista e si dedicò per qualche tempo all'agricoltura e allo studio della chitarra.
In breve tempo diventò virtuoso anche di chitarra e scrisse molte sonate, variazioni e concerti non pubblicati; insoddisfatto, si mise a scrivere sonate per violino e chitarra, trii e quartetti in unione agli strumenti ad arco.
Paganini scriveva per chitarra a sei corde, che in quel periodo soppiantò quella "spagnola" a cinque cori (quattro corde doppie e una singola nella parte alta detta cantino), e questo spiega il suo estro negli scoppiettanti pizzicati sul violino.

Alla fine del 1804, all'età di 22 anni, riapparve a Genova, ma tornò a Lucca l'anno successivo, dove accettò il posto di primo violino solista alla corte della principessa Elisa (detta Marianna) Baciocchi, sorella di Napoleone. Quando la corte si trasferì a Firenze nel 1809, Paganini la seguì, ma per un banale incidente se ne allontanò e non volle più tornarvi, malgrado i numerosi inviti. A Torino fu invitato a suonare nel castello di Stupinigi da un'altra delle sorelle di Napoleone, Paolina Borghese.
Nella sua vita, Paganini percorse l'Italia tre volte, facendosi applaudire in numerose città. La prima di queste città fu Milano nel 1813, a 31 anni, il 29 ottobre, al teatro Carcano. I critici lo acclamarono primo violinista al mondo. Qui nel giro di diversi anni diede 37 concerti, in parte alla Scala e in parte al Carcano.

Nel marzo 1816 trionfò nella sfida lanciatagli da Charles Philippe Lafont e due anni dopo ripeté il trionfo in un confronto con Karol Lipiński. Strinse amicizia con Gioachino Rossini e con Louis Spohr. Nel 1817, a 35 anni, suonò a Roma, suscitando una tale impressione che il Metternich lo invitò a Vienna. Ma, già allora, le precarie condizioni di salute gli impedirono di realizzare quel progetto.
Il violino di Niccolò Paganini

Invece andò al Sud, a Palermo, dove il 23 luglio 1825 vide la luce Achille, il figlio avuto con una "mediocre cantante e per giunta nevrotica", Antonia Bianchi. Paganini convisse con la Bianchi dal 1824 al 1828 prima che lei venisse sposata dal milanese Carlo Felice Brunati. Pur non ufficializzando mai il legame con la madre di suo figlio, Paganini tuttavia si dimostrò affettuoso verso questo bimbo illegittimo, tanto che per averlo con sé dovette sborsare 2.000 scudi alla madre e poi farselo riconoscere manipolando le sue conoscenze altolocate.

Nel 1828 finalmente andò a Vienna, dove le lodi ai suoi concerti furono unanimi. L'imperatore Francesco II lo nominò suo virtuoso di camera.

Dopo aver dato 20 concerti a Vienna, si recò a Praga, dove sorsero aspre discussioni sul suo valore.
Compose anche dal 1817 al 1830 sei concerti per violino e orchestra (famosissimo il finale del secondo, detto La Campanella); ritornato a Genova nel 1832 iniziò la composizione dei famosi Capricci per violino e, nel 1834, una sonata per la grande viola, variazioni su temi di Süssmayr e Gioachino Rossini, serenate, notturni, tarantelle. La gran viola in questione è uno speciale strumento a cinque corde, oggi purtroppo perduto, che Paganini aveva fatto produrre a Francesco Borghi, liutaio di Forlì, e che divenne nota anche col nome di controviola Paganini.
Il 1834 segna l'inizio dei sintomi più eclatanti di una malattia polmonare all'epoca non diagnosticata, segnata da accessi di tosse incoercibile, che duravano anche un'ora, che gli impedivano di dare concerti e che lo spossavano in maniera debilitante, per la quale furono interpellati almeno venti fra i medici più famosi d'Europa, ma che nessuno riuscì a curare minimamente. Il dottor Sito Borda, pensionato dell'Ateneo di Pavia, finalmente pose la diagnosi di tubercolosi e lo curò con un rimedio dell'epoca, il latte di asina. Solo in seguito propose medicamenti mercuriali e sedativi della tosse, tipici dell'epoca, con poco risultato e grossi effetti collaterali. I disturbi alla gola si presentarono molto tempo prima che insorgesse la laringite vera e propria e la necrosi dell'osso mascellare. Comunque la reazione di Paganini alla malattia fu molto dignitosa e composta; malgrado non avesse una grande opinione dei medici, che non erano riusciti a curarlo, si rivolgeva sempre con fiducia a qualcun altro, sperando di trovare un medico che potesse aiutarlo. Nonostante la
difficoltà in cui si trovava, non si abbandonò mai alla disperazione e bisogna riconoscere che in questi estremi frangenti dimostrò una grande forza d'animo. Al tempo gli diagnosticarono una laringite tubercolare; dagli sforzi della tosse non poteva più parlare e diventò completamente afono. Gli faceva da interprete il figlioletto Achille di 15 anni, che si era abituato a leggergli le parole sulle labbra e quando anche questo non fu più possibile, si mise a scrivere dei bigliettini, che sono stati conservati e sottoposti a esame grafologico. Morì a Nizza in casa del presidente del Senato. Achille, diventato adulto, cercherà di dare continuità all'opera del padre, continuando a riordinare e a pubblicare le sue opere, autenticandone la firma. In seguito i nipoti, che non avevano conosciuto il nonno Niccolò, venuti in possesso dell'intera opera paganiniana, decideranno di venderla allo Stato e, solo dopo un rifiuto, metteranno l'opera all'asta.
Paganini morì il 27 maggio 1840. A causa delle voci sul suo conto circa un sospetto "patto con il diavolo" e della sua cattiva reputazione (dovuta soprattutto alla sua condotta apparentemente "irreligiosa"), il vescovo di Nizza ne vietò la sepoltura in terra consacrata. Il suo corpo fu quindi imbalsamato con il metodo Gannal e conservato (inizialmente a bara aperta) nella cantina della casa dov'era morto. Dopo vari spostamenti, nel 1853 fu sepolto nel cimitero di Gaione e successivamente nel cimitero della Villetta di Parma, dove riposa tuttora in una tomba sempre provvista di fiori freschi che attrae molti turisti.

Andremo ora ad analizzare la Gran Sonata in la maggiore.




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Esecuzione della Grande Sonata in la maggiore
La Grande sonata per chitarra sola con accompagnamento di violino in la maggiore rientra a buon diritto nel repertorio per chitarra sola, essendo la parte del violino quasi superflua se non pleonastica.
Sorprende la datazione che gli esperti paganiniani le attribuiscono: 1803 circa, un anno in cui le grandi dimensioni sonatistiche e l'impegno virtuosistico che ritroviamo in questa sonata erano semplicemente inconcepibili.
Se dobbiamo accettare per vera questa data (e non si vede motivo di dubitarne), bisogna concludere che Paganini compì un'opera trascendentale nei confronti della chitarra, pari a quella che molti anni dopo avrebbe compiiuto nei confronti del violino con i "24 capricci", terminati presumibilmente verso il 1817 e poi pubblicati nel 1820. Nei tre campi di questa sonata (allegro risoluto, romanza, andantino variato), di gusto tipicamente italiano, corre il filo di una forte coerenza d'ispirazione su disegni musicali di personalissima invenzione di cui è inutile cercare i precedenti, racchiusi, come sono, nella giovanile baldanza di un geniale compositore poco più che ventenne.

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